Un po’ di rimpianto c’è. Lontani dalle aule e dalla vicinanza con i bambini che imparano incantandosi. Quasi piante che crescono, coltivate dalle famiglie e da noi. Questo tempo nelle case è anche il tempo buono per ripensarli e aspettarli, per inviare loro un arrivederci. Ce lo suggerisce il bellissimo video di Barbara Frigerio della Scuola dell’Infanzia: Istanti di crescita e incontro alla Scuola dell’Infanzia
Le maestre de “Il Melograno” stanno inserendo qui le loro proposte di attività.
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Lunedì sera arriva un sospirato decreto che permette di tenere a casa le ultime persone che ancora vanno a lavorare in via Sauro. Ormai docenti e segreteria sono operativi per lo smart working.
Martedì mattina il dirigente, la segretaria Tiziana, le collaboratrici Filomena e Daniela sbrigano a scuola le ultime incombenze. I genitori che ancora arrivano per recuperare libri e quaderni, le pratiche da chiudere e soprattutto la cura per chi ha bisogno. Tocca rivolgere un ultimo sguardo alla nostra scuola.
Durante la mattinata, arrivano sei famiglie alle quali affidiamo in comodato d’uso gratuito altrettanti computer della scuola. Otto bambini avranno in casa un segno dell’affetto della scuola per loro e potranno continuare a lavorare con gli insegnanti e con i loro compagni, mantenendo vive e confortanti le relazioni e le condivisioni con chi normalmente sta accanto a loro quotidianamente (la didattica a distanza consente il permanere anche di questi legami significativi – soprattutto nella vita di un bambino e di un ragazzo – oltre a garantire la prosecuzione dell’apprendimento).
Tutti i nostri sforzi per la didattica a distanza incontrano un limite inevitabile: c’è una barriera all’ingresso. Occorre avere a disposizione un telefono o un PC o un tablet, capire come funzionano programmi come Classroom e Meet e – per i più piccoli – avere un adulto accanto per il tempo necessario. Qualcuno non supera questa barriera. Provo a esprimermi con una metafora: c’è un naufragio, noi scuola vorremmo portare tutti sulle scialuppe di soccorso allungando braccia e lanciando salvagenti, ma occorre che i naufraghi nuotino verso di noi o almeno provino a stare a galla per essere salvati.
Cosa vuol dire essere inclusivi per una scuola e lasciarsi includere per una famiglia in una situazione di difficoltà imprevista e del tutto inimmaginabile? Vuol dire non fare quasi nulla e aspettare che trascorra una lunga “vacanza” forzata? In questo caso, ci sarà poco da imparare e ci saranno poche occasioni perdute. Non va bene! La responsabilità genitoriale, quella professionale, quella “umana” si evidenziano meglio in circostanze come l’attuale, nelle quali si deve provare l’intentato, si viene sollecitati a provare a mettersi in gioco proponendo e accettando gesti di solidarietà, si devono accogliere sfide che intimoriscono, affidandosi fiduciosamente alla disponibilità degli altri. Questo vale in ogni ambito, non solo nella scuola. Questo si chiama gioco di squadra: ricorrendo ad un’altra metafora … io passo la palla e tu fai canestro, così compagni di squadra e tifosi esultano festosi e l’affetto nel gruppo cresce.
Noi, come altre scuole, abbiamo scelto di continuare a fare scuola e di favorire la partecipazione in tutti i modi. Abbiamo dato dei computer alle famiglie. Abbiamo cercato di organizzarci in modo chiaro e unitario per non far impazzire i genitori. Usiamo il sito per informare completamente e tempestivamente. Docenti, segretarie e il dirigente si sono improvvisati assistenza tecnica per risolvere gli inevitabili problemi tecnici. Stiamo continuando a sollecitare le famiglie dei ragazzi che non si fanno vedere online ricordando che la frequenza scolastica è sempre obbligatoria. Usiamo per comunicare le piattaforme didattiche digitali, il registro elettronico e le mail istituzionali, ma se serve inseguiamo gli studenti tramite il telefono e Whatsapp.
E quelli che spariscono? Non sanno che la scuola continua? Non si pongono il problema? Perché non chiedono un aiuto a un prof o a un compagno? Non cercano un modo alternativo per seguire il lavoro della classe? Quanti sono i casi di impedimento oggettivo? Quanti veramente non hanno nemmeno un telefono in famiglia, nemmeno un vicino con un PC, nulla di nulla?
E’ un peccato non sfruttare la presente situazione per domandare e ricevere aiuto: mai come ora chi ha dei bisogni può chiedere e altri interverranno a suo supporto. A tal fine, preghiamo chi ancora avesse delle necessità di scriverci alla solita casella mail mbic843006@istruzione.it.
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Questo periodo è anche per gran parte della gente di scuola un’esperienza di unità. Quando hai una missione da compiere, sai che puoi raggiungere l’obiettivo solo col contributo di tutta la Compagnia dell’Anello. Dice Antonella Riva, parlando dei suoi colleghi della Seconda Primaria. “Sono soddisfatta perché non sono sola. Ho questa piattaforma [Google Meet] che ci permette di confrontarci. Quando ho bisogno di chiedere un parere alle mie colleghe, trovo la disponibilità di tutte. Ci siamo conosciute più in queste settimane che dai molti anni in cui lavoriamo assieme. Le nostre programmazioni online durano ore … ci dispiace quasi lasciarci.”
Anche imparare a utilizzare certi software spinge alla condivisione. Se osservi il modo di lavorare dell’insegnante della tua classe puoi prendere ispirazione. Impari che mettendo in comune in classroom gli esercizi o i video che tu hai prodotto, altri ti offriranno quanto hanno inventato in un “gioco” in cui tutti vincono, studenti compresi.
C’è un punto di vista particolare per capire se e come un’organizzazione scolastica sta funzionando: l’orario. Se c’è l’orario, allora tutte le azioni seguono un ordine nel tempo. Ecco l’orario delle videolezioni della Primaria nella quinta settimana. Ed ecco l’orario che hanno seguito tutte le mattine le classi della Scuola Secondaria.
Naturalmente le videolezioni sono solo una parte del lavoro di insegnanti e studenti: ci sono testi da proporre e da leggere, video da scegliere e da guardare, sintesi e mappe da predisporre e capire, selezioni da effettuare, audio e video da registrare e ascoltare, esercizi da preparare e svolgere, verifiche da approntare ed eseguire. Tutti gli insegnanti e anche molti ragazzi riferiscono che i ritmi di lavoro sono decisamente più intensi del solito, anche perché ci sono strumenti informatici da imparare ad utilizzare e metodi di lavoro da costruire e a cui abituarsi.
Ecco la divertente descrizione della giornata lavorativa di Elisabetta Sala, che rappresenta l’esperienza di tanti suoi colleghi. Si va a letto esauriti, ma anche contenti per la consapevolezza di aver fatto un lavoro buono e utile.
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Alla Secondaria si “esagera. Sono ripartiti anche i corsi pomeridiani per l’ottenimento delle certificazini europee di lingua inglese (PET e KET) e di informatica (ECDL), con i professori Barbano e Mascheroni. Come? tTramite Meet e Classroom, ovviamente. Ce ne informa in un articolo la professoressa Barbano.
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Gli insegnanti non si tirano indietro. Per questo in una parte della “comunità scuola” italiana a diversi docenti, dirigenti e genitori pare un po’ stonato l’appello dei sindacati che criticano la didattica a distanza perché comporta attività non previste dai contratti di lavoro, stressante per docenti e famiglie, sostanzialmente impossibile da realizzare, addirittura illegittima perché mai normata (come se si fosse potuto prevedere in anticipo la presente situazione, emanando per tempo tutte le necessarie regole e norme – con i tempi lunghi del fare legge).
C’è un’emergenza e noi “operatori della scuola” siamo moralmente chiamati a rispondere. E dobbiamo almeno tentare di farlo: possiamo farlo, lo stiamo dimostrando.
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Martedì 17 marzo esce un documento ministeriale, le Prime indicazioni operative per le attività didattiche a distanza. Ne discutiamo nelle riunioni. Ci dice anzitutto che la DaD serve anzitutto a mantenere viva la comunità di classe e di scuola. A combattere l’isolamento nelle case e a consolare i più piccoli nella paura. Ci diceva Stefano Manera, un genitore: in questa situazione i bambini possono risentire del clima di ansia (in alcuni casi di vero e proprio panico), quindi credo che vedere il volto rassicurante delle maestre non possa che far loro bene.
Occorre – prosegue il documento – continuare il percorso di apprendimento per garantire il diritto costituzionale a imparare. L’anno scolastico non è finito a febbraio ma continua fino a giugno, a distanza o in presenza.
Come si fa? Non basta che l’insegnante dia i compiti: occorre che li restituisca e faccia comprendere gli errori. Gli studenti non imparano da soli: è necessaria l’interazione tra gli alunni e l’insegnante che incontra i bambini nelle videolezioni per introdurre gli argomenti o per chiarificare le spiegazioni. Oppure propone video di spiegazione, schemi, mappe, sintesi, audio, presentazioni, videolezioni registrate, tutto quello che serve.
Il documento ministeriale ci conferma. E’ la strada che stiamo percorrendo da tre settimane. Forse qualche dubbioso si convince un poco di più, prende coraggio e osa tentare.
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